Resistenza a pubblico ufficiale
Viene punito per il reato di resistenza a pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio la persona che, per opporvisi durante l’esercizio di un atto del suo ufficio, usa violenza o minaccia nei suoi confronti o verso chi è stato incaricato di prestargli assistenza, nelle forme che andremo a vedere.
Ciò che si vuole tutelare è la libertà di azione del pubblico ufficiale e la sicurezza contro fatti di opposizione violenta.
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è certamente un delitto plurioffensivo e legittima il soggetto passivo (appunto il pubblico ufficiale) a costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno e contestuale accertamento della penale responsabilità dell’imputato.
Occorre precisare che se la resistenza viene posta in essere avverso più pubblici ufficiali vengono commessi tanti reati quanti sono i soggetti passivi (eventualmente fusi nella continuazione).
Gli appartenenti alle forze dell’ordine sono considerati in servizio permanente e, per l’effetto, è integrato il reato di resistenza a pubblico ufficiale anche quando la violenza o la minaccia sia rivolta a costoro quando non sono comandati in servizio (caso in cui non si è in servizio ma in quel momento si sta agendo nella qualità di appartenente alla forza pubblica).
La condotta del soggetto agente, per considerarsi integrativa del reato di resistenza a pubblico ufficiale, deve essere posta in essere per ostacolare il compimento dell’atto, per ostacolare lo svolgimento dell’attività del pubblico ufficiale.
Quindi, risulta chiara la differenza con il reato di violenza o minaccia a pubblico ufficiale: nella resistenza, la condotta viene alla luce durante l’esercizio della funzione; nella violenza o minaccia è totalmente ininfluente il dato temporale della condotta.
Ciò significa naturalmente che, qualora l’atto sia stato regolarmente compiuto, non può costituire reato l’eventuale reazione violenta o minacciosa del privato come conseguenza dell’avvenuto operato del pubblico ufficiale, atteso che la norma penale in questione è chiara nel precisare “per opporsi, mentre compie”.
Pertanto, la condotta del soggetto agente deve costituire un impedimento concreto per l’esercizio del pubblico ufficio, o turbamento al suo buon andamento.
Alla luce di tale valutazione, la violenza o la minaccia possono integrare il reato di resistenza a pubblico ufficiale anche se esercitate su cose (quindi non direttamente sulla persona del pubblico ufficiale), purché abbiano l’effetto di ostacolare, turbare o frustrare il compimento dell’atto.
Il reato in questione può ritenersi integrato anche nel caso in cui la minaccia sia indiretta, commessa con qualsiasi mezzo idoneo a ostacolare l’azione del pubblico ufficiale: si pensi ad un controllo delle forze dell’ordine a seguito di un posto di blocco, controllo ostacolato dalla presenza, nell’abitacolo dell’autovettura del soggetto agente, di un cane ringhiante e di grossa taglia che impedisca e vada a turbare il corretto e libero esercizio delle operazioni.
Ciò che conta è soltanto che la condotta del soggetto agente ostacoli, intralci, turbi o produca qualsiasi altro effetto che abbia come obiettivo quello di indurre il pubblico ufficiale ad astenersi dal compimento del suo atto.
Non integra, invece, il reato di resistenza a pubblico ufficiale una condotta che si traduca in un atteggiamento di mera resistenza passiva.
Infatti, la resistenza passiva, traducendosi in una negazione di qualunque forma di violenza o minaccia, rimane al di fuori del dettato della norma penale (ci si riferisce a condotte di disobbedienza a ordini del pubblico ufficiale, assenza di collaborazione per il compimento della funzione del pubblico ufficiale, e non al tentativo di divincolarsi o sbracciarsi o strattonare, tutti comportamenti attivi volti a vincere l’opposta energia legittimamente usata dal pubblico ufficiale).
Per fare un esempio, non costituirà reato di resistenza a pubblico ufficiale la condotta di chi si frappone tra l’agente di forza pubblica e la propria autovettura per evitare di fare salire in macchina il pubblico ufficiale, atteso che la norma penale richiede un atteggiamento positivo di aggressione o minaccia che impedisca al soggetto passivo di compiere l’atto del proprio ufficio.
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale è un reato a consumazione istantanea e, pertanto, si ritiene consumato nel momento del comportamento violento o minaccioso, essendo invece ininfluente se il soggetto agente abbia poi raggiunto il suo personale scopo, non importando che la condotta violenta abbia sortito l’effetto voluto.
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