Truffa

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Viene punito per il reato di truffa chiunque induce taluno in errore o procura a sé stesso o altri un profitto ingiusto tramite artifizi o raggiri.

La nozione di reato di truffa non richiede necessariamente che il soggetto passivo si identifichi con la vittima della truffa, sempre che sia sussistente il nesso di causalità tra l’induzione in errore e il profitto e il danno.

Occorre precisare che cosa si intenda per artifizi e raggiri, elementi integranti il delitto di truffa.

Ebbene, tali elementi non consistono soltanto in espressioni verbali, ma possono anche essere il prodotto di messe in scena fittizie, simulazioni o in comportamenti idonei ad indurre in errore taluno.

L’effettivo raggiungimento dell’obiettivo dell’induzione in errore di taluno vale a confermare l’idoneità astratta dell’artifizio o del raggiro ad ingannare o a sorprendere la buona fede altrui.

In tema di reato di truffa si ritiene che non abbia rilievo la mancanza di verifica, di controllo e di diligenza del soggetto truffato, poiché tale mancanza non esclude l’idoneità del mezzo, ma soprattutto perché accade spesso che tale deficienza di attenzione sia determinata dalla fiducia che il soggetto agente, grazie agli artifizi o raggiri, riesce a suscitare nella persona offesa dal reato.

Anche il silenzio serbato maliziosamente su circostanze su cui si abbia il dovere giuridico di riferire può integrare il reato di truffa, atteso che tale condotta non può ritenersi semplicemente passiva, ma preordinata artificiosamente a produrre l’inganno (si pensi alla mancata comunicazione all’Inps del decesso del titolare di una pensione, da parte del figlio contitolare del conto nel quale veniva accreditata la somma).

In generale, visto che il bene tutelato dalla norma del reato di truffa è rappresentato dalla libertà del consenso, intenso come autonoma determinazione della propria volontà negoziale, il raggiro può consistere in qualsiasi silenzio serbato su fatti che, se conosciuti dal soggetto passivo, avrebbero certamente portato ad una diversa libera determinazione della sua volontà.

Al riguardo, non può non parlarsi di truffa contrattuale: infatti, è idoneo ad integrare il reato di truffa anche l’artificio o il raggiro che abbia ad oggetto aspetti negoziali, accessori o esecutivi del contratto principale, qualora la conoscenza degli stessi avrebbe indotto la persona offesa a non concludere il contratto o l’affare.

Pertanto, in tema di truffa contrattuale, il mancato rispetto da parte di uno dei contraenti delle modalità di esecuzione del contratto, rispetto a quelle inizialmente concordate, integra il reato di truffa se presenti anche quelle condotte artificiose idonee a cagionare un danno altrui e un profitto ingiusto.

In caso di truffa contrattuale, la consumazione del reato coincide con la conclusione del contratto: una volta esclusa o non provata la conclusione del contratto la formula processuale da adottare sarebbe “perché il fatto non sussiste”, mancando l’elemento essenziale della truffa contrattuale.

Quanto al profitto, ossia uno degli elementi consumativi del reato di truffa, questo può concretizzarsi sia in un arricchimento economico del soggetto agente, sia nella mancata diminuzione del suo patrimonio (che altrimenti si sarebbe verificata).

Il profitto deve essere ingiusto, cioè deve essersi verificato sine iure (senza diritto) e sine causa (senza un titolo giuridico che lo possa giustificare).

Il profitto non deve, inoltre, essere necessariamente di carattere economico, ben potendo risolversi anche nella soddisfazione di un bisogno morale o psicologico del soggetto agente, e non deve necessariamente essere conseguito da colui che pone in essere la condotta delittuosa o fraudolenta, atteso che anche un soggetto terzo consapevole potrebbe essere il destinatario, in presenza del nesso di causalità inizialmente citato, del beneficio quale prodotto del reato.

Se il profitto, quindi, può anche non avere carattere economico, lo stesso non può dirsi dell’altro elemento integrante il reato di truffa: il danno altrui.

L’elemento del danno deve necessariamente avere contenuto patrimoniale ed economico, dovendo consistere in una lesione effettiva, capace di produrre la perdita di un bene della vittima.

Conseguentemente, il danno può consistere in un atto di disposizione patrimoniale, da parte della vittima, che causa perdita economica ed ingiusto profitto del soggetto agente, quale conseguenza dell’errore indotto da una condotta artificiosa.

Il reato di truffa è un reato di danno a consumazione istantanea e, di conseguenza, si perfeziona nel momento in cui alla realizzazione della condotta tipica abbia fatto seguito il detrimento patrimoniale del soggetto passivo.

Il momento consumativo del reato di truffa è, quindi, quello dell’effettivo conseguimento dell’ingiusto profitto con danno alla persona offesa, e il luogo di consumazione è quello in cui l’agente consegue la materiale disponibilità del bene economico, con contestuale verificazione del danno (ci sono poi molte eccezioni: ad esempio, nel caso in cui il profitto sia rappresentato da un accredito su una carta prepagata, il luogo di consumazione del reato è quello del luogo in cui la persona offesa ha proceduto al versamento).

Se il reato di truffa non è aggravato allora è reato procedibile a querela della persona offesa.

Diversamente, se il reato di truffa è aggravato allora è procedibile d’ufficio: per fare un esempio, costituirà truffa aggravata la condotta di un medico, assegnato al servizio di guardia medica, che poneva in essere prolungati ritardi, allontanamenti dal luogo di lavoro e assenze, mediante apposizione di firme sul registro delle presenze con orari di presenza falsi.

Occorre, infine, distinguere il reato di truffa con altri reati in casi in cui la condotta posta in essere non rientri nettamente nel primo o negli altri: la condotta del medico che si faccia pagare una somma di denaro allo scopo di fare saltare la trafila burocratica per effettuare un esame, lasciando intendere che la somma sarà devoluta all’ospedale (ed avendo invece intascato la stessa), non commette il reato di concussione perché non ha ingenerato un timore nel privato, non commette il reato di corruzione perché il paziente è convinto di pagare l’ospedale, nè commetterà il reato di peculato perché il soggetto agente non possiede detta somma per ragioni del suo ufficio, ma commetterà il reato di truffa aggravata.

Ricorre il reato di furto aggravato e non quello di truffa  in caso di sottrazione di energia elettrica tramite allaccio abusivo di un cavo ad una cassetta dell’energia elettrica dell’Enel; viceversa ricorre il reato di truffa aggravata nel caso di condotta con cui viene manomesso il contatore, e a causa di questa manomissione si traggono in inganno i letturisti dell’Enel con conseguente profitto della mancata registrazione dell’energia consumata.

Il reato di truffa va distinto da quello di appropriazione indebita per la circostanza che nel primo il soggetto agente ottiene la consegna della cosa tramite inganno, mentre nel secondo l’agente è nel libero possesso della cosa.

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